mercoledì 16 maggio 2012

Obesi nel deserto


Quante volte ci siamo sentiti raccontare la favoletta che se si lascia ciascuno perseguire liberamente il proprio profitto ed il proprio benessere, ne conseguirà il massimo del benessere e la massima ricchezza per la collettività, che il libero mercato riesce a regolarsi da sè, ed attraverso la concorrenza elimina le attività che nuociono alla società, e che l'egoismo generale giova complessivamente all'interesse di tutti ? Sono due secoli e mezzo che questa sciocchezza gode di immeritato ed interessato credito, alimentato dal potere della borghesia imprenditoriale. Molti ci hanno creduto o hanno fatto finta di crederci; I Governanti dell'Occidente hanno fatto finta di crederci tutti in blocco e ciecamente.

Ricapitoliamo, come piccolo esempio non particolarmente rilevante, qualche aspetto pittoresco della nostra Storia:

1) Concentriamo le persone nelle città; con l'industrializzazione grandi masse si spostano dalle campagne nelle aree urbane in cerca di un lavoro meno duro o più redditizio. E' il mercato. Bene. Corollario: le aree vicine agli impianti industriali diventano densamente popolate. Ma le industrie puzzano, fanno rumore, fuliggine, sporcano, attirano grossi mezzi di trasporto altrettanto fastidiosi, e quindi i residenti chiedono di allontanarle dalle aree abitate. Appena un grande impianto industriale si sposta fuori città, l'area circostante diventa appetibile per costruire alloggi comodamente prossimi al luogo di lavoro e ridiventa residenziale, dopodichè i residenti protestano per puzze e rumori e chiedono che l'impianto venga spostato lontano dalle case, in un gioco dell'oca infinito.
Totale: le masse di lavoratori che si erano trasferite in città per essere vicine al lavoro, devono spostarsi per andare a lavorare lontano da dove abitano.
E nascono dal nulla tanti nuovi paesini: quelli che sessant'anni fa non esistevano si riconoscono per l'annuale rievocazione storica in costume medioevale.

2) La produzione di cibo rimane dislocata nelle aree agricole, fuori dalle città; quindi bisogna trasportare il cibo dalla campagna nelle zone urbane per nutrire la popolazione.
Si organizzano tutte le reti di passaggi intemedi tra la mucca e la latteria, tra il maiale e il macellaio, tra il campo e il fruttarolo. Bene. Mercato e commerci floridi. Ogni quartiere, ogni isolato ha il suo corredo completo di negozietti di approvvigionamento, mentre bambini nati e cresciuti in città credono che le mucche siano animali vagamente mitologici, con qualche dubbio che esistano veramente, e che le patate si raccolgano dagli alberi, ma il traffico tra chi produce cibo lontano dalla vista e dalla conoscenza di chi a distanza lo consuma funziona ed è profittevole.
Estremizzazione del concetto: le cartine geografiche qui di seguito riprodotte comprendono ancora una vastità di aree agricole, ma nella vecchia e ricca Europa il gioco dell'oca dell'urbanizzazione si sta mangiando tutto il territorio. Si ritiene più semplice e conveniente lasciar produrre cibo dall'altra parte del mondo, dove costa meno, ed importarlo, e destinare il nostro suolo alla ben più remunerativa edilizia. Spero che prima che sia troppo tardi, persino gli economisti, che da quel che si capisce in questi mesi mi paiono i più tardi nel capire le cose, si rendano conto che questa è una trappola mortale.

3) La distribuzione al dettaglio costa. Con la motorizzazione di massa, diventa molto più remunerativo concentrare il commercio in pochi grandi punti di vendita. E' un modello redditizio, e quindi è vincente e si afferma. E' il mercato. I piccoli negozi di quartiere si concentrano e si conglomerano in pochi appositi grandi centri commerciali ai margini delle città, raggiungibili con i mezzi a motore da clienti che esauriscono i loro veri e falsi bisogni di consumo in un'unica grande azione catartica del portafoglio, officiata da una sola sacerdotessa cassiera.
E' un modello redditizio e premiato dall'economia di mercato, ma tende al benessere collettivo ? Quanto consumano migliaia di automobili di clienti che vanno dalla città al supermercato ?
Senza ipotizzare il ritorno del giro a piedi tra i dettaglianti attorno a casa, quanto consumerebbero di meno pochi furgoni che distribuiscono a domicilio la spesa ordinata con uno dei mille mezzi di comunicazione immediata oggi disponibili ?
Qualcuno ha tentato, e forse qualcuno ancora pratica questa via alternativa e più sana, ma la legge del mercato non è premiante: si perdono i profitti generati dalla scienza, sviluppatasi rapidamente, dell'induzione all'acquisto inutile attraverso la accurata ed accattivante elaborazione della disposizione delle merci nelle corsie a stuzzicare sfizi e desideri.



Ho trovato questo piccolo articoletto su Scientific American, il cui punto cruciale sono queste colorate cartine degli U.S.A. (cliccare per ingrandire), che però vanno ben spiegate.
Le due a sinistra sono indicative solo di gruppi familiari che abitano a più di un kilometro e mezzo da un grande supermercato, e rappresentano le frequenze percentuali, indicate come intensità di colore: di redditi bassi (azzurro, in alto); e di famiglie che non possiedono un'automobile (giallo-marrone, in basso).
Le due a destra mostrano, con evidenti coincidenze, la frequenza dell'obesità (rosso, in alto), e del diabete (verde, in basso).
Qual è il nesso ? Bisogna tenere conto della pressochè totale scomparsa dei piccoli negozi di alimentari, e della distribuzione molto più fitta dei fast-food e dei negozi a basso costo che smerciano cibi pronti (tipo rivendite di hot-dog, friggitorie e simili).
Quindi, negli Stati Uniti, ove il modello che abbiamo rappresentato sopra è portato all'estremo, il cibo che costa meno è ormai quello più capillarmente diffuso, mentre i "veri" generi alimentari sono disponibili quasi solo in grandi centri commerciali (e costano pure cari). Quindi, chi abita lontano dai supermercati e non piò permettersi di spendere molto, o non dispone di un'automobile per gli spostamenti, si riduce a mangiare schifezze. E il fatto che le macchie di amaranto più scuro indichino luoghi dove più di una persona su tre è obesa fa piuttosto impressione.
Abbiamo ridotto i nostri spazi urbani a strutture funzionali alle automobili; viceversa, le persone rivestono un ruolo di tale sudditanza, che chi non si pone, o non può porsi, ai servigi di un veicolo a motore, si ritrova in una specie di deserto alimentare dove è costretto a cibarsi degli scarti a basso costo delle nostre produzioni di proteine e grassi.

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